Privilegium by Michele Ainis

Privilegium by Michele Ainis

autore:Michele Ainis [Ainis, Michele]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2012-05-14T16:00:00+00:00


La questione femminile

Ma guardiamole in faccia una per una, le vittime di questa strage di diritti. A cominciare dall’altra metà del globo, quella abitata dalle donne. Sulla carta (quella costituzionale) hanno la stessa dignità del genere maschile. In più la Costituzione italiana protegge «l’essenziale funzione familiare» della donna (art. 37) e le garantisce «pari opportunità» con l’uomo nella vita sociale, culturale, economica, politica (artt. 51 e 117). Se però dal cielo delle Gazzette ufficiali abbassiamo lo sguardo sull’inferno dei nostri rapporti quotidiani, la scena si rovescia. Certo, succede dappertutto: nessun Paese – a eccezione degli Stati scandinavi – ha mai raggiunto un’effettiva parità fra i sessi. Non a caso il World’s Women 2000: Trends and Statistics, curato dalle Nazioni Unite, attesta che la popolazione femminile rappresenta il 70% del totale mondiale dei poveri e i due terzi degli analfabeti. E tuttavia, all’interno del campo occidentale, l’Italia occupa i gradini più bassi della scala. Tanto per cambiare.

Succede, innanzitutto, quanto ai rapporti di lavoro. La disoccupazione femminile colpisce una donna su due, ma nel Mezzogiorno raggiunge il 70% (Istat 2012). Se poi nasce un bambino, il tasso d’occupazione dimagrisce di altri 13 punti percentuali; lo ha certificato il Cnel, aggiungendo che l’indice crolla rasoterra dopo la nascita del secondo figlio. Le imprenditrici sono costrette a fornire maggiori garanzie sui prestiti bancari, e pagano un tasso d’interesse sugli scoperti più alto fino a 30 punti base. A parità di mansioni e di qualifica, il salario delle donne è più basso del 16% rispetto a quello maschile (Eurispes 2009); e al Sud questo differenziale tocca il 30% (Svimez 2012). Ma le due lame della forbice si divaricano ulteriormente salendo al vertice della piramide aziendale: in Italia una manager guadagna il 35% in meno dei suoi colleghi uomini, quando in Europa la differenza media è del 15% (Eurostat 2006).

Sennonché il difficile è arrivarci, in cima alla piramide. Nei ministeri le donne rappresentano il 48% della forza lavoro, ma appena il 16% della dirigenza. Più in particolare, restano in mano agli uomini l’82% dei posti di direttore generale e l’88% dei posti di dirigente regionale. Nella scuola le donne dirigenti misurano il 39%, pur costituendo il 68% dei docenti laureati. Fra i primari ospedalieri la percentuale femminile si ferma al 10%. All’università le donne in cattedra sono il 16%, e si contano soltanto 5 donne su 79 rettori. Sempre meglio rispetto alla carta stampata: alla fine del 2011 c’era un’unica donna fra i direttori dei quotidiani. In magistratura la componente femminile supera quella maschile (52%), ma cola a picco (7,4%) fra i giudici di Cassazione con funzioni superiori. D’altronde nessuna donna è mai diventata presidente della Corte costituzionale, della Cassazione, della Corte dei conti, del Consiglio di Stato.

In politica va anche peggio. Nel Parlamento della XVI legislatura – eletto nel 2008 – la rappresentanza femminile si è attestata al 18%, fanalino di coda della classifica europea. E anche in questo settore troviamo una sfilza di caselle vuote: in Italia mai nessuna donna è diventata capo dello Stato, presidente del Consiglio, presidente del Senato.



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